Marco Fassone, ex ad del Milan, ai microfoni di Sportitalia ha raccontato la sua esperienza in rossonero. Ecco le dichiarazioni.

Sull’esperienza: “Non voglio mischiare le carte tra la priorità di ora e quella di prima. Il rammarico di tutti noi i dirigenti quando inizi un lavoro, lo fai per un anno, semini ma non puoi raccogliere rode. L’idea del che cosa ci fosse dietro e che cosa sia successo va ridotto a termini semplici. Il proprietario di quell’epoca ha sottovalutato il restituire il prestito in diciotto mesi. Era convinto di avere un debito molto piccolo rispetto al valore del bene che possedeva. Non è riuscito nei tempi previsti a completare un’operazione che riteneva semplice e ha dovuto passare la mano agli attuali proprietari”

Sul fidarsi di Li: “Se riporto la mia testa al primo di agosto del 2016 quando ricevetti la telefonata dei cinesi, penso che chiunque al mio posto non avrebbe resistito alla tentazione di quello che sembrava un progetto molto importante. Io ho pensato che stesse trattando con Fininvest, che era appoggiato da un advisor importante, da uno degli studi legali più importanti e che se Berlusconi stesse cedendo a lui c’era un progetto serio, pensavo che potesse gestirlo nel migliore dei modi. Fino a quel momento abbiamo fatto le cose per bene, certo abbiamo commesso qualche errore ma è normale. Sia nella parte precedente al closing che in quella di gestione del club, credo che abbiamo fatto il meglio per portare entusiasmo e per creare il disegno che c’era nella testa di Li. Ipotizzavamo che c’erano difficoltà ma non mi immaginavo che sarebbe finita così. Gli ultimi mesi sono stati una sofferenza, non potevamo creare la squadra. C’era paura e dispiacere. Ha perso la società per i debiti, quello suo e quello del Milan. Lui è andato in default prima, non ha restituiti i 32 milioni del suo debito corrente e non ha più dovuto restituire i milioni del Milan. Poi non l’ho più sentito ma anche prima lo sentivo poco, parlava solo cinese, io parlavo solo con Li Han che è stato affettuoso con me anche dopo il Milan”.

Sul futuro: “C’è l’estero. I progetti sono la nostra vita. A volte non è detto che una squadra meno blasonata non possa offrire un progetto di prospettiva. Spero di avere delle sfide che tocchino il cuore”

Su Mirabelli: “Ci sono tante spiegazioni. Massimiliano era il primo collaboratore di Ausilio. Ho lavorato al suo fianco nelle mie ultime due stagioni all’Inter. Ho visto come lavorava, alcuni acquisti di quell’Inter erano state sue intuizioni. Poi cercavo un direttore che volesse scommettere con me. Massimiliano fu il primo a dirmi di lasciare l’Inter quando ancora non si sapeva se il closing si facesse. Io per un periodo gli rimborsavo solo le spese. Ha avuto molto coraggio. Io credo fosse la scelta giusta, nonostante le critiche. Il bilancio alla fine, tra cose fatte bene e non bene, è positivo”

Su Maldini: “Io a Maldini avevo proposto di lavorare con noi. Il mio ideale era un Milan con Maldini e Mirabelli che si completassero per quanto riguarda l’esperienza. Un profilo con anni di esperienza e un grande campione. Paolo ha fatto le sue scelte. Perché si Gazidis? Immagino ci siano dei risvolti che facciano vedere a Maldini questo progetto più interessante, che una collaborazione con Boban e Leonardo gli piaccia di più di quella con Mirabelli e una disponibilità economica che non avevo io. IL Milan ora ha deciso di spendere molto di più sotto l’aspetto dirigenziale, prima eravamo io e Mirabelli ora sono in di più. Hanno investito sotto questo aspetto”.

Su Bonucci e Donnarumma: “Bonucci è stato un errore. Il rinnovo di Donnarumma no. Al momento dell’acquisto di Bonucci avevamo già fatto otto o nove acquisti. La strategia era di costruire una rosa con il 4-3-3, i difensori li avevamo già, non ci mancava un sesto. Ci mancava la prima punta per cui avevamo un ragguardevole gruzzolo, 70 milioni. La scelta fu quella di ridurre il budget per la punta e di prendere un leader per guidare lo spogliatoio. Mi venne sottoposta questa possibilità, col senno di poi se avessimo fatto la punta la storia sarebbe stata diversa. Montella era da confermare, credo abbia fatto bene. Non ho mai ricevuto offerte per Donnarumma. Era in scadenza, la mia possibilità di negoziare era bassissima ma era da mettere nella condizione di rinnovare per ottenere plusvalenza nel caso di cessione”

Sulle cessioni: “Il lavoro di quell’estate è stato anche rinnovare. Sui giocatori che hanno rinnovato c’è la mia firma. Sono stati tenuti. Ci sono tanti costi ma anche abbiamo fatto vendite complicate. Quell’estate abbiamo venduto Niang al Torino, Lapadula al Genoa a una cifra importante, abbiamo venduto De Sciglio, Sosa e Kucka in Turchia”.